mercoledì 14 gennaio 2015

Testimonianze dalla Svizzera della cugina Elda




Anche a Maggia gli splüu – variante locale di splüi attestata nel dialetto di questo villaggio – sono legati alle attività contadine praticate un tempo sui monti e sui piccoli alpi a gestione familiare.
Ne abbiamo parlato con Elda Bonetti e Marco Genazzi, che, da ottimi conoscitori della realtà locale e della parte montagnosa occidentale e settentrionale del territorio, sono pure stati chiamati a collaborare ai rilievi toponomastici del loro comune. Va però notato che i numerosi splüu, distribuiti dal piano fino a circa 1500 metri, hanno ormai rari agganci col vissuto dei nostri intervistati: il loro uso si riferisce pertanto a situazioni più remote rispetto a quanto abbiamo appreso dagli informatori di Cavergno e Cevio.
Di conseguenza l’intervista ha contribuito a ravvivare i ricordi in proposito, così che Elda Bonetti commenta: adèss cul parlá i m végn im mint (adesso col parlare mi vengono in mente). Ci limitiamo a pochi esempi di splüu ancora adoperati nella prima metà del Novecento.
Elda Bonetti, che per parecchi mesi all’anno soggiornava con le capre al monte Crópp, ci dice di non averne osservato tracce. Ma riguardo a una piccola cavità in cui poneva le conche di latte al monte C’ignöi, dove saliva in maggio, aggiunge: dó ch’a purtèum lá l lècc, ti é im mint che i èra sü chèll balón? Dòpo, lí, l nöss pá u i a fècc sü la pòrta: chèll lí l’èra bé n splüu (dove portavamo il latte, hai in mente che c’era sopra quel blocco? Dopo, lì, il nostro papà vi ha messo la porta: quello lì era ben uno splüu). A sua volta, Marco Genazzi ricorda gli splüu del monte Antróna, tutti sotto un enorme masso. All’epoca della sua giovinezza, alcuni erano utilizzati, ma si dormiva nelle stalle, data l’eccessiva umidità: la nòssa cá l’èra un splüu, staum bé dént a casaa e mangiaa (la nostra casa era uno splüu, stavamo ben dentro a lavorare il latte e mangiare).
Tralasciando altri splüu menzionati dai nostri interlocutori, ci preme rilevare che, nell’aneddotica  popolare, taluni di essi si situano tra leggenda e fantasia. Oltre allo Splüu di Pitói ai piedi della montagna, demolito in occasione della costruzione della circonvallazione, dove si credeva che trovassero ricovero i pitói (mendicanti, accattoni), in passato numerosi nella zona, citiamo lo Splüu di Sètt C’ünn (caverna delle sette culle), nella Val C’amp a circa 1100 metri, di dimensioni ragguardevoli e abbandonato, che deve il nome a un episodio in relazione col presunto passaggio nel 1799 di soldati austrorussi.
Racconta Elda Bonetti che i soldati, scesi da Bosco Gurin o da Fusio, sarebbero stati minacciati col falsción (falce fienaia) da un suo bisnonno. Ciononostante, dando retta al cauto consiglio del parroco, le giovani mamme si cercarono un riparo per mettere al sicuro i neonati: e dòpo i a fècc scapá tütt i mam cun sciá chi gugnitt piscian, parchè i disc che indó ch’a rivèva chi lí, i fèva pö piazza pulida! (e dopo hanno fatto scappare tutte le mamme coi bambini piccoli, perché dicono che dove arrivavano quelli lì, facevano poi piazza pulita!).

Panoramica del Comune di Maggia oggi



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