mercoledì 14 gennaio 2015

Testimonianze dalla Svizzera della cugina Elda




Anche a Maggia gli splüu – variante locale di splüi attestata nel dialetto di questo villaggio – sono legati alle attività contadine praticate un tempo sui monti e sui piccoli alpi a gestione familiare.
Ne abbiamo parlato con Elda Bonetti e Marco Genazzi, che, da ottimi conoscitori della realtà locale e della parte montagnosa occidentale e settentrionale del territorio, sono pure stati chiamati a collaborare ai rilievi toponomastici del loro comune. Va però notato che i numerosi splüu, distribuiti dal piano fino a circa 1500 metri, hanno ormai rari agganci col vissuto dei nostri intervistati: il loro uso si riferisce pertanto a situazioni più remote rispetto a quanto abbiamo appreso dagli informatori di Cavergno e Cevio.
Di conseguenza l’intervista ha contribuito a ravvivare i ricordi in proposito, così che Elda Bonetti commenta: adèss cul parlá i m végn im mint (adesso col parlare mi vengono in mente). Ci limitiamo a pochi esempi di splüu ancora adoperati nella prima metà del Novecento.
Elda Bonetti, che per parecchi mesi all’anno soggiornava con le capre al monte Crópp, ci dice di non averne osservato tracce. Ma riguardo a una piccola cavità in cui poneva le conche di latte al monte C’ignöi, dove saliva in maggio, aggiunge: dó ch’a purtèum lá l lècc, ti é im mint che i èra sü chèll balón? Dòpo, lí, l nöss pá u i a fècc sü la pòrta: chèll lí l’èra bé n splüu (dove portavamo il latte, hai in mente che c’era sopra quel blocco? Dopo, lì, il nostro papà vi ha messo la porta: quello lì era ben uno splüu). A sua volta, Marco Genazzi ricorda gli splüu del monte Antróna, tutti sotto un enorme masso. All’epoca della sua giovinezza, alcuni erano utilizzati, ma si dormiva nelle stalle, data l’eccessiva umidità: la nòssa cá l’èra un splüu, staum bé dént a casaa e mangiaa (la nostra casa era uno splüu, stavamo ben dentro a lavorare il latte e mangiare).
Tralasciando altri splüu menzionati dai nostri interlocutori, ci preme rilevare che, nell’aneddotica  popolare, taluni di essi si situano tra leggenda e fantasia. Oltre allo Splüu di Pitói ai piedi della montagna, demolito in occasione della costruzione della circonvallazione, dove si credeva che trovassero ricovero i pitói (mendicanti, accattoni), in passato numerosi nella zona, citiamo lo Splüu di Sètt C’ünn (caverna delle sette culle), nella Val C’amp a circa 1100 metri, di dimensioni ragguardevoli e abbandonato, che deve il nome a un episodio in relazione col presunto passaggio nel 1799 di soldati austrorussi.
Racconta Elda Bonetti che i soldati, scesi da Bosco Gurin o da Fusio, sarebbero stati minacciati col falsción (falce fienaia) da un suo bisnonno. Ciononostante, dando retta al cauto consiglio del parroco, le giovani mamme si cercarono un riparo per mettere al sicuro i neonati: e dòpo i a fècc scapá tütt i mam cun sciá chi gugnitt piscian, parchè i disc che indó ch’a rivèva chi lí, i fèva pö piazza pulida! (e dopo hanno fatto scappare tutte le mamme coi bambini piccoli, perché dicono che dove arrivavano quelli lì, facevano poi piazza pulita!).

Panoramica del Comune di Maggia oggi



sabato 10 gennaio 2015

Briciole di ricordi di Elda Bonetti

Pochi giorni dopo Natale, seduto comodamente in poltrona accanto al camino, ho avuto l’occasione e la fortuna di fare una simpatica chiaccherata con Elda Bonetti, che-tra un ricordo e l’altro – mi ha raccontato alcuni aneddoti relativi – avete capito bene – agli ospizi di Maggia. Quando il padre di Elda aveva 9/10 anni (e siamo all’incirca nel 1905), frequentava la scuola elementare nell’edificio “Casa Martinelli”; quello, per intenderci, situato sulla destra del ponte per chi si dirige verso Cevio, poco prima della scalinata della chiesa di S. Maurizio. Edificio che, fortunatamente (e qui diamo atto alla lungimiranza del Municipio) sarà prossimamente restaurato e adibito a Garnì.
E’ interessante ricordare – soprattutto alle giovani generazioni – che il ponte, allora, non c’era ancora e che, per recarsi alla scuola, gli allievi dovevano “guadare il fiume. Tant’è vero che, durante i periodi di piena (la büzza), erano felici beati, poiché potevano starsene tranquillamente a casa, a causa dell’inagibilità del passaggio. Chi avesse dovuto avventurarsi da Maggia verso l’Alta Valle, doveva forzatamente avviarsi verso la Valle del salto, fino alla Cappella. Orbene, dopo che la scuola fu di nuovo provvisoriamente insediata nell’attuale “Osteria del Gin” (anche se l’edificio non era ancora esattamente quello che appare oggi),  la ex-ascuola di casa Martinelli fu trasformata in Ospizio.
La signora Elda si ricorda che c’erano tre ricoverati: un certo Attilio, verzaschese, una certa Claudina e un altro paziente, che era muto. Mi racconta che questo muto aiutava spesso, in chiesa, a girare una manovella che permetteva di far funzionare l’organo, in quanto l’elettricità, a quei tempi, non esisteva. Un altro ricordo di Elda è che, nel vecchio ospizio, per tre giorni alla settimana, esercitava un dentista, il quale visitava i propri pazienti in una saletta apposit. Se pensiamo alle apparenti stranezze di quel tempo: mancava ancora l’elettricità e c’era invece il dentista, quasi una modernità.
Quindi – siamo nel 1921 – dopo aver costruito due altre Case di Cura a Roveredo e a Castel S. Pietro, Don Guanella diede vita  al nuovo Ricovero di Maggia. Quello che – più o meno – tutti possono ammirare oggi: infatti c’è solo l’edificio principale, solo leggermente diverso dall’attuale. L’ala tuttora esistente sulla destra – per chi entra dal cancello principale – fu aggiunta molto più tardi.
In quel punto c’era una costruzione molto grezza: al piano terra vi erano un pollaio e una lavanderia, mentre al primo piano abitava il Dr. Arnoldo Gilardi, medico condotto e responsabile anche delle cure al Don Guanella.

Intervista di Fabio Cheda a Elda Bonetti,  pubblicata su:
Atupertu – N° 13 – Maggio 2011
Periodico d’informazione

del Comune di Maggia
La cugina Elda Bonetti (figlia di Savina Poletti e Luigi Bonetti, detto "Gin"), nipote di Angelo Poletti (detto Angelot)

sabato 3 gennaio 2015

Louis Poletti un pioniere di origini trentine divenuto famoso in California in agricoltura

Guarda guarda che ti trovo....nell'archivio dell'ufficio brevetti degli Stati Uniti d'America sezione californiana... ecco il brevetto per una macchina che doveva servire alla mondatura dei cavoletti di Bruxelles....e chi sarebbe stato uno degli inventori ?!?
Proprio quel Louis Poletti di cui ero alla ricerca....beh .. che dire.... INTERESSANTE.

Numero di pubblicazioneUS3252463 A
Tipo di pubblicazioneConcessione
Data di pubblicazione24 mag 1966
Data di registrazione17 set 1964
Data di priorità17 set 1964
InventoriAlpen Cecil W
Assegnatario originaleLouis PolettiRalph Moceo
Esporta citazioneBiBTeXEndNoteRefMan
Link esterni: USPTOAssegnazione dell'USPTOEspacenet

Cutter for brussels sprouts
US 3252463 A
DESCRIPTION:
May 24, 1966 c. w. ALPEN CUTTER FOR BRUSSELS SPROUTS Filed Sept. 17, 1964 FIEr 5- IN V ENTOR. CfC/L W LPEN BY f :PIE--a Q lill/11111111111111111111 77 73 A TTOk/VEYS United States Patent O 7 3,252,463 CUTTER FOR BRUSSELS SIROUTS Cecil W. Alpen, Aptos, Calif., assigner to Ralph Maceo and Louis Poletti, Santa Cruz, Calif. Filed Sept. 17, 1964', Ser. No. 397,252 6 Claims. (Cl. 130-30) This invention relates to a machine to cut or remove I' Brussels sprouts from the stalk on which the sprouts grow. The machine was expressly designed to harvest a new variety of Brussels sprouts known as the Jade variety, which is characterized by a great mass of closely spaced and closely held sprouts growing on a stalk, all of which ripen at the same time. It is an object of the present invention to provide an improved cutter for cutting Brussels sprouts from the stalk on which the sprouts grow.
Another object of this invention is to provide a cutter which is peculiarly adapted for the cutting of Jade variety sprouts. i
Still another object of this invention is to provide a continuously running, 'high production machine which completely removes the sprouts from the stalk on which they grow, yet which does not injure the sprouts in any manner.
Another object is to provide acutter which removes the butt or stem of leaf from the sprout.
A further object of the invention is to provide a sprout cutter having a vertical feed so that gravity assists the feed.
Another object is to provide a sprout cutter which is adapted either for a processing plant use or for use in the eld wherein a plurality of cutters can be mounted on a vehicle.
Still a further object of this invention is to provide a high speed cutter for Brussels sprouts which has relatively few moving parts and which is therefore simple to construct and maintain.
Further objects will become apparent from the specication which follows.
In the drawings forming a part of this applic-ation:
FIGURE 1 is a perspective view of a device embodying the present invention.
FIGURE 2 is a plan view of the machine of FIGURE 1, partly in section, showing the position of the various parts.
FIGURE 3 is a section on the line 3-3 of FIGURE 2.
FIGURE 4 is an enlarged perspective view, generally on the line 4 4 of FIGURE 2, showing one of the cutting knives.
FIGURE 5 is an enlarged perspective view, generally on the line 5 5 of FIGURE 2, of one of the knives which propel the Brussels sprout stalk through the machine.
Turning now to a description of the drawings by reference characters, the device of the present invention is mounted on a base 5 supported by legs 7. The base 5 has a central aperture 9 therein having a sleeve 11 mounted therein and which supports the inner race 13 of b-all bearings 15. The outer race 17 of the bearings is attached to a pulley 19 around which a V-belt 21 is trained and which is driven by motor 23. Attached to pulley 19 is a bottom plate 25 which is spaced a short distance from an intermediate plate 27, leaving a space therebetween which holds the knife holders and spring mechanism, hereinafter described. A top plate 29 is provided which is supported by a plurality of baffles 31 from the plate 27. The top plate 29 has a large central aperture 32 therein to which Brussels sprouts 33 can be fed.
A plurality of side members 35, suitably four, are attached to the base 5, each of which has an inwardly Patented May 24, 1966 extending top member 37 having a slot 39 therein through which a guide holder 41 supporting curved guide 43 passes. Each guide holder 41 is pressed inwardly by a spring mechanism 45.
Mounted between the plates 25 and 27 and retained by guides as at 47 are two series of knives. Each of the knives is retained on a knife holder as at 49, urging the holder inwardly by the springs 51. In the embodiment illustrated, there are four such knife holders and spring sets. The knives supported by the knife holders are of two varieties. The cutting knives perform the lactual cutting operation and these two knives are designated 57 and 59. These knives have an upstanding curved blade as at 61 which has a concave inner surface 56, generally corresponding -to the curvature of a sprout stalk and which is sharpened on its outside surface as at 58. Further, the leading edge 60 is lower than the trailing edge 62 so that the action of the knife is to draw it in close to the stalk insuring a clean cut. The knife is adjustably mounted as by a bolt 64 on the knife holder 49, andthe forward surface 66 of the latter extends beyond the knife serving as a guard or gauge, to insure the exact desired position of the blade 61 relative to the stalk to cut only the sprouts therefrom. Thus as the stalk is pulled down through the machine these knives 61 lie along the stalk and cut the sprouts off of the stalk.
The knives 53 and 55 have a spiral blade 52, as is shown in FIGURE 5, and are curved in such a manner that as the knives turn against the stationary stalk the spiral knives cut into the stalk and pull the stalk downwardly in the machine.
Guard 54 prevents the blade from entering too deep. As is shown in FIGURE 3, the spiral knives are located below the plane of the cutting knives, so that the spiral knives act on the denuded stalk. The stalks are prevented from turning by pressure on the vertical guides 43, heretofore described.
As the sprouts are cut off of the stalk, they are discharged into the space between the plates 27 and 29, whereupon they are picked up by the baies 31 and propelled outwardly by centrifugal force. Preferably an outer casing 63, held by supports 65 on the base 5 is provided which serves to retain the sprouts on the intermediate plate 27 until they come to the chute 67, whereupon the sprouts are discharged as at 69. The stalks, denuded of the sprouts, pass downwardly through the base as at 71.
In a preferred embodiment of the invention a second set of counter-rotating spiral knives is employed to propel the stalks through the machine. Thus an inner bearing race 73 is mounted on base 5 with the outer race 75 forming a pulley driven by V-helt 77 and motor (not shown). Pulley supports the spring mounted knife holders 79 and knives 81. These knives are of the same type `as knife 55, but since these knives are driven in the opposite direction, the spiral configuration is of the opposite hand. The second set of knives gives a more positive feed and prevents any tendency of the stalk to turn.
It Will be noted that the knives are preferably springmounted and installed very close to each other, so that the device will handle sprout stalks of any size including those stalks which are curved.
Thus, the operation of the machine is that a stalk of sprouts 33 is fed downwardly into the opening 32 where it is prevented from turning by the vertical guides 43, is engaged by the spiral knives 53 and 55 and the knives 81, if used and pulled downwardly, while the knives 57 and 59 cut the spr-outs from the stalk.
This machine is designed in such a manner that it can be used as a stationary piece of equipment, but
more important is its adaptability to be used on a moving vehicle right in the field. Loading the removed sprouts directly into a truck and dropping the denuded stalks back on the ground has the advantage that the stalks can be easily disked back into the earth.
Many variations in the device of the present invention may be made without departing from the spirit of this invention. Although the knives are shown as springmounted, it is obvious that the machine could be built for handling sprouts of uniform size so that the various knives described might be rigidly fixed rather than mounted on springs. Further, pairs of spiral and cutting knives have been described, but it is obvious that more knives of either or both varieties might be provided, it only being important that the knives be located symmetrically around the periphery of the machine.
It is believed evident from the foregoing that I have provided a simple yet effective device for cutting Brussels sprouts off of the stalk.
I claim:
1. A sprout cutter or the like comprising in combination:
(a) a rotating member having a central aperture therein;
(b) a plurality of vertical guides extending into said central aperture;
(c) a plurality of symmetrically arranged first knives mounted on said rotating member, each said iirst knives having an upstanding cutting edge and spring urged toward said aperture;
(d) a plurality of symmetrically arranged second knives mounted in said rotating member, each of said second knives having a spiral configuration and spring urged toward said aperture;
(e) a third set of knives having a spiral configuration and rotating in the opposite direction from the second knives and spring urged toward said aperture whereby (f) a sprout stalk, prevented from turning by said vertical guides, is propelled through the machine by the second and third set of knives, and sprouts are cut off the stalk by the first knives.
2. A sprout cutter or the like comprising in combination:
(a) a rotating member having a central aperture therein;
(b) a plurality of symmetrically arranged spring urged first knives mounted on said rotating member, each said rst knives having a cutting edge extending up through said aperture adjacent va stalk for cutting sprouts from such stalk as it passes through said aperture;
(c) a plurality of symmetrically arranged second knives mounted on said rotating member, each of said second knives having a spiral configuration and spring means for urging the same into engagement with a stalk disposed in said aperture for propelling the stalk therethrough; and
(d) a third set of knives each having a spirally congurated blade spring urged toward the stalk and rotating in a direction opposite to that of said second set of knives for counteracting turning of said stalk while aiding said second set of knives in propelling such stalk through the machine.
3. Apparatus for stripping Brussels sprouts from a stalk thereof comprising;
(a) a vertically disposed stationary cylindrical casing having a discharge opening and chute at one side thereof;
(b) a plurality of spring urged vertical guides mounted on the open upper end of said casing and extending downwardly into the center thereof for guiding a stalk of Brussels sprouts in non-turning fashion concentric to said casing;
(c) a rotating member arranged in the open bottom end of said casing to provide a bottom therefor, said rotating member having a central aperture therein;
(d) a set of radially arranged spring loaded cutting knives mounted on the lower surface of said rotating member, each of said cutting knives having a curved cutting edge extending upwardly through said aperture and a guard extending radially inward of the cutting knife associated therewith for e11- gaging a Brussels sprout stalk and for positioning said curved cutting edge adjacent the stalk for cutting sprouts therefrom within said casing;
(e) a radially arranged spring loaded spirally contigurated blade mounted between and co-planar of each of said cutting knives on the lower surface of said rotating member, each of said spirally contigurated blades having a guard thereon for engaging the denuded stalk for limiting entry of said spirally configurated blades thereinto whereby the latter turn screw-fashion about the stalk as it is guided in nonturning fashion by said vertical guides to thereby propel the stalk through the apparatus, the sprouts cut from such stalk falling onto said rotating member for discharge from said casing by centrifugal force via said discharge opening and chute.
4. Apparatus for stripping Brussels sprouts from a stalk thereof comprising:
(a) a vertically disposed stationary cylindrical casing having a discharge opening and chute at one side thereof;
(b) a plurality of spring urged vertical guides mounted on the open upper end of said casing and extending downwardly into the center thereof for guiding a stalk of Brussels sprouts in non-turning fashion concentric to said casing;
(c) a rotating member arranged in the open bottom end of said casing to provide a bottom therefor, said rotating member having a central aperture therein;
(d) a plurality of radially arranged spring loaded cutting knives mounted on the lower surface of said rotating member, each of said cutting knives having an inwardly extending guard for engaging a stalk and an upstanding cutting edge disposed adjacent the stalk and extending upwardly through said aperture for cutting sprouts from such stalk within said casing;
(e) a radially arranged spring loaded spirally configurated stalk advancing blade mounted between and co-planar of each of said cutting knives on the lower surface of said rotating member, each of said stalk advancing blades having a guard thereon for engaging the denuded stalk for limiting entry of said spirally congurated blades thereinto whereby the latter turn screw-fashion about the stalk as it is guided in non-turning fashion by said vertical guides to thereby propel the stalk through the apparatus; and
(f) a pluraliy of bales on the upper surface of said rotating member for engaging sprouts cut from such stalk falling onto said rotating member and for discharging such sprouts from said casing by centrifugal force via said discharge opening and chute.
5. Apparatus for stripping Brussels sprouts from a stalk thereof comprising in combination:
(a) a vertically disposed cylindrical stationary casing having a discharge opening in its side wall communicating with an outwardly extending discharge chute;
(b) a plurality of spring urged vertical guides mounted on the open upper end of said casing and extending downwardly into .the center thereof for guiding a stalk of Brussels sprouts in non-turning fashion concentric thereto;
(c) a rotating member'arranged in the open bottom of said casing and having a central aperture for receiving a denuded stalk for passage therethrough;
(d) a plurality of radially arranged knife holders mounted on the underside of said rotating member and means for urging said knife holders inwardly toward the central axis of said rotating member for engaging a denuded stalk passing through the aperture thereof;
(e) a cutting knife mounted on alternate ones of said knife holders and each having an upstanding curved cutting edge disposed on said holders in close proximity to a stalk engaged thereby for cutting sprouts from such stalk within said casing; and
(f) a stalk advancing blade on each of the balance of said knife holders between said alternate ones thereof, each of said stalk advancing blades having a spirally congurated inwardly facing edge for engaging the denuded stalk for turning screw-fashion about said stalk as it is guided in non-turning fashion by said vertical guides for propelling such stalk through the apparatus; whereby lsprouts cut from such stalk fall upon said rotating member Within said casing for discharge therefrom by centrifugal force via said discharge opening and chute.
6. Apparatus for stripping Brussels sprouts from a stalk thereof comprising in combination:
(a) a vertically disposed cylindrical stationary casing having a discharge opening in its side wall communicating with an outwardly extending discharge chute;
(b) a plurality of spring urged vertical guides mounted on the open upper end of said casing and extending downwardly into the center thereof for guiding a stalk of Brussels sprouts in non-turning fashion concentric thereto;
(c) a rotating member arranged in the open bottom of said casing and having a central aperture for receiving a denuded stalk for passage therethrough;
(d) a plurality of radially arranged knife holders mounted on the underside of said rotating member and means for urging said knife holders inwardly toward the central axis of said rotating member for engaging a denuded stalk passing through the aperture thereof;
(e) a cutting knife mounted on alternate ones of said knife holders and each having an upstanding cutting edge disposed on said holders adjacent a stalk engaged thereby for cutting sprouts from such stalk within said casing;
(f) a stalk advancing blade on each of the balance of said knife holders, each of said stalk advancing blades having a spirally configurated inwardly facing edge for engaging a denuded stalk for turning screw-fashion about the same as it is guided in non-turning fashion by said vertical guides for propelling such stalk downwardly through the apparatus; and
(g) a plurality of battles `arranged in radial array on the upper side of said rotating member for propelling cut sprouts within said casing outwardly by centrifugal force for discharge from said casing via said discharge opening and chute in the side wall thereof.
References Cited by the Examiner UNITED STATES PATENTS 96,658 11/ 1869 Barker 13G-9.2 103,543 5/1870 Barker 13G-9.2 178,536 6/1876 Lewis 13G-9.2 247,511 9/1881 Nisbitt 130-9.3 327,864 10/1885 Collins 13G-9.3
3,175,561 3/ 1965 `Oldershaw 13030 ABRAHAM G. STONE, Primary Examiner.
.' OE O. BOLT, Assistant Examiner.

sabato 10 marzo 2012

Teodolindo con la famiglia e le sorelle Desolina ed Elia - Profughi trentini in Piemonte

Fotografia scattata dalla Premiata fotografia F. Conterno di Dogliani


lunedì 20 giugno 2011

I "Capun" - Una ricetta tipica della Valle del Chiese


I Capun 
Ingredienti (per 17 pezzi ca.):
 34 foglie di vite americana 3 panini raffermi (o 300 gr. di pane raffermo a cubetti) Brodo di dado (o di carne) 6/7 foglie di Bieta erbetta 30 ml. di vino bianco 30/40 gr. di prezzemolo (senza gambi) 1 ½ spicchio d’aglio (volendo anche orsino) 1 noce di burro Sale q.b. 300 gr. di formaggio semistagionato e saporito (grana trentino) 150 gr. di Grana trentino grattugiato Pane grattugiato 1 uovo intero Spago da cucina Procedimento: Tagliare a cubetti il pane raffermo e lasciarlo inumidire nel brodo, all’interno di una pentola con coperchio. A parte tritare finemente le erbette e lasciarle saltare in padella con una noce di burro e l’aglio tritato. Sfumare le stesse con il vino bianco fino a completa evaporazione, dopodichè lasciare freddare il tutto. Amalgamare le erbette al pane aggiungendo l’uovo e il prezzemolo fresco finemente tritato. A questo punto aggiungere il formaggio grattugiato e quello tagliato a cubetti minuscoli. In base alla consistenza raggiunta aggiungere pan-grattato in maniera da ottenere un composto che si riesca a staccare dal cucchiaio. Con l’aiuto di un mestolo da minestra raccoglierne degli grandi gnocchi (mestolo riempito per metà) e riporli sul lato superiore di due foglie di vite americana leggermente accavallate sul lato della base. A questo punto chiudere il “Capun” come un pacchettino avvolgendolo all’interno delle foglie e chiudere il tutto con dello spago da cucina legato con fiocco apribile finale. Procedere quindi alla cottura dei “Capun” in acqua salata, portata ad ebollizione e tenuta su gas al minimo (per circa 10 minuti). Servire al naturale (caldi o freddi). Condimenti consigliati: un filo d’olio extravergine d’oliva delicato oppure con del burro fuso e salvia. Varianti: inglobare nel composto del salame fresco artigianale finemente tritato e rosolato nel burro.

martedì 23 giugno 2009

L'origine della famiglia Poletti


Questo nella foto è l'estratto da un testo che propone l'origine della Famiglia Poletti...per il momento è tutto ciò che sono riuscito a trovare.
Il documento, per onor di cronaca è da me stato scovato in internet su Facebook, all'interno di un gruppo d'interesse omonimo alla famiglia Poletti.
La ricerca continua...

domenica 21 settembre 2008

Candido Poletti negli anni '40



Un' immagine che ritrae Candido Poletti nato a Condino nel 1861 ed ivi morto il 1 giugno del 1943. Figlio di Luigi Poletti detto "Luigiun" sposo in seconde nozze con Maddalena Chiminolli, e fratello di Agostino, Achille, Margi e Luigia.
Sposato con Maria (..........) ebbe a sua volta cinque figli (Suor Candida Maria, Rita, Egidio, Pietro, Guido e Vittorio.

Convento dei Frati Cappuccini a Condino - 1936



Questa fotografia, scattata il 12 dicembre 1936 è stata donata a tutti i partecipanti dei S.Esercizi, svoltisi dal 9 al 12 dicembre dello stesso anno, dal Reverendo Don G. Bianchi.

sabato 20 settembre 2008

Una delle ultime corrispondenze dall'America





In questa lettera la cugina "americana" Sophie scrive con affetto ai lontani parenti in Italia, e nello specifico a mio padre Renato, allora diciottenne.

mercoledì 17 settembre 2008

Foto di Famiglia




In questa foto il mio Bis-nonno Achille posa insieme alla moglie Pasqua ed ai figli Desolina, Elia e mio nonno Teodolindo Poletti.

domenica 14 settembre 2008

Foto della Famiglia Poletti prima e durante la Seconda Guerra mondiale


Nella foto in alto (scattata il giorno 11 luglio del 1935) in quarta fila, partendo dal basso, la terza persona da sinistra è il mio nonno Teodolindo Poletti


In questa seconda fotografia (scattata il giorno 29 marzo del 1941) la coppia in alto è composta dal nonno teodolindo e la sua sposa (mia nonna) Onorina Gualdi, che è in dolce attesa del primogenito Poletti Renato (mio padre)
Rimane inteso che chiunque riconosce dei componenti delle due fotografie è invitato a farmi avere informazioni direttamente alla mia mail: poletti.corrado@libero.it

sabato 26 gennaio 2008

Il NOME LOUIS POLETTI ED HOTEL D' ITALIA - DAVENPORT

GINO CAMPIONI,TRADUTTORE Nel libro "La Nostra Costa" scrivo che il Hotel D'Italia in Davenport era un posto per gli ranceri italiani e loro famiglie di fare riunioni e divertimenti. I padroni del hotel erano Furlani Mia madrina "Pina" Micossi e suo marito Frank, Francesco Bragazzi (il Carabiniere) e Giuseppe "Beppo" Ferlizza. Il quindici Dicembre di quest'anno sarà l'anniversario sessanta duesimo di quel fuoco terribile che ha distrutto quell albergo. Thelma (Micossi) Gill (per cui mio padre fu il padrino), potrebbe essere l'ultima sorvivente che vide il fuoco in persona. Essa fu molto graziosa di scrivere suo conto di quella sera per i lettore di La Nostra Costa Blog. Grazie, Thelma. Ivano Davenport Hotel ..Fuoco brucia Hotel D'Italia al suolo. Queste parole apparveno alla capo pagina del giornale Santa Cruz Sentinel, il giorno dopo 15 Dicembre, 1945. Il Hotel D'Italia fu costruito nel 1906, un posto caratteristico della Contea Santa Cruz. Il hotel fu distrutto completamente dal fuoco di domenica, 15 Dicembre, quando credemo che fili elettrici difettosi hanno iniziato il fuoco in una stanza vuota del edificio. Vicini hanno veduto segni del fuoco verso le 8:30 di sera, ed entrando hanno trovato fumo che usciva da una stanza chiusa à chiave. Quando hanno potuto entrare, trovarono la stanza in fiamme. L'elettricità fallì subito nel intero edificio. Tre divisioni di pompieri di foresta furono chiamati, due da Felton ed una da Soquel, insieme dei pompieri da Santa Cruz. I pompieri volontari di Davenport erano subito presente con loro capo, Leonard Domenichelli. Fra tutti questi sulla scena del disastro, non trovarono mezzo di fermare le fiamme che saltarono fra tutta la struttura di legno, bruciandola completamente al suolo entro 45 minuti. Gli equipaggi per combattere il fuoco non bastarono per un fuoco così grosso, e la pressione di acqua era molto debole. I fiumi erano troppo distanti. I fuoco fu finalmente controllato alle 10:15. Almeno i pompieri hanno potuto fermare il fuoco che non incendiasse il negozio del fabbro ed altri posti vicini, incluso anche parecchi serbatoi di gaz fiammabile. Quella Domenica mi ricordo che mi preparavo per andare alla scuola, quando senti un uomo bussando alla porta. Era un uomo che mi ha informato che l'osteria era in fiamma. Subito lo ho fatto entrare e mi ha indicato dove era il fuoco. Dal tempo che lo vedevo e che sono tornata in casa per informare mia madre e gli altri, le fiamme gia entravano tutti i corridoi. Poi le luce erano spente, lasciando tutto l'edificio nello scuro. Tutti presente sembravano di volere levare tutte le cose che potrebbero essere salvate, ma mi ricordo che in 45 minuti tutto l'edificio era completamente distrutto. Mi ricordo essendo vicino la stanza dove erano i liquori e sentire l'esplosioni delle bottiglie. Mentre guardavo quando bruciava l'osteria, c'era tanta confusione, ma ero sorpresa che c'era anche tanto saccheggio. C'erano dei residenti del albergo che erano nelle loro camere ed ebbero da saltare dalle finestre per scappare il fuoco. Avevamo macchinette da gioco nel albergo, e naturalmente quelle furono salvate, poi scoprire che il giorno dopo erano scomparse. Non c'era tanto da salvare, perchè il calore aveva distrutto quasi tutto. La cassa forte era l'unica cose che rimaneva. Era composta di acciaio molto massiccio. Dopo trovare la chiave per aprirla si trovò che l'argento era diventato un solo pezzo. La moneta di carta era tutta nera e fu necessario di remandarla alla zecca per farla scambiare. Quella Domenica eravamo senza casa. Abbiamo dovuto dipendere con amici per darci posto per dormire la notte. La famiglia Caiocca erano certamente buoni amici ed hanno offerto qualunque aiuto per mia madre. Essa stette con la famigila Caiocca. Io avevo amicizia con Yoli Moro e loro mi hanno tenuto in loro casa per piu di una settimana. Il restante degli residenti al'osteria sono andati al Ocean View Hotel per dormire. Mia madre aveva una casa in Davenport, ma era occupata e abbiamo dovuto aspettera due settimane avanti che la potremmo occupare da noi. I giorni seguenti visitavamo spesso le rovine. Mia madre ora debbe cominciare unaltra vita, per risolvere tutti i problema che aveva di fronte. Poi entrò in compagnia con i Caiocca nel loro negozio, ed apri un osteria con sua licensa da vendere liquore. Il Hotel D'Italia fu costruito nel 1906, poco dopo il terremoto di San Francisco, dalla agenzia Coast land and Dairies Company di Davenport. Circa 1923 fu comprato da mio padre, Frank Micossi, Frank Bragazzi, e Giuseppe Ferlizza dalla agenzia. Questa era l'epoca di proebizione (di alcole) e c'era tanto traffico di contrabbando. Circa 1935 il sito fu ricostruito per includere cucina, bar, sala da cena, e da ballo, con circa 65 altre stanze. Operato per tanti anni, il grande edificio era usato in parte per Messicani e Flilppini cui erano impiegati dagli agricoltori nella zona di Davenport. In quei tempi i Messicani venivano per cogliere verdure della stagione, cavolini di Bruscelle, carcioffi, broccoli. Trovare case per questi lavoranti di passaggio era un problema. Carabiniere (Frank Bragazzi) e mia madre (Josephine Micossi) con l'aiuto di Louis Poletti, che fece venire questi lavoranti, fecero d'accordo di fornire circa 30 stanze con cucina e salotti per quei lavoranti. I fuoco cominciò nel posto che occupavano. L'assicurazione fu $4,000. Questa somma ora debbe essere condivisa con gli altri due compagni, le tenute di Frank Bragazzi e di Ferlizza. La licenza per liquore e birra era nel nome di Josephine Micossi. Ma per finire, queste parole furono dette prima, "Era una notte infama" per me. Lo trovo difficile esprimere che effetto lungo e brutto un disatro di questo genere puo fare. Thelma Micossi Gill Ivano dice, Non dimentircare di visitare La Nostra Costa sul Internet. www.lanostrascosta.com-a.googlepages.com

lunedì 16 aprile 2007

L'albero genealogico della famiglia Poletti di Condino (TN)









Questo è il risultato, a tutt'oggi, del mio lavoro alla ricerca delle origini della mia famiglia. Grazie all'aiuto di tanti amici e parenti, tra i quali voglio ricordare:
A Condino la cugina Paola, lo zio Giuliano e mio cugino Gevan e Stefano; a Merano mio padre Renato; in Svizzera a Maggia la cugina Elda; in California l'amico Ivano Franco Comelli che grazie al suo Blog (http://www.nostra-costa.blogspot.com/) mi ha messo in contatto con tante persone che mi hanno aiutato nella ricerca (grazie a Aldo Penniman, Thelma Gill, Diane Strong, Diane Bianconi, Carol & Don Schwartz, Gino Campioni dall'Oregon per le sue preziose traduzioni; a New York la "Ellis Island Foundation" (http://www.ellisisland.org/) dove ho cominciato l'indagine americana, da Santa Cruz il signor Doug Martin e la signora Gina Merolla (Monumentary Cemetery of Santa Cruz), la Signora Christina Moretta del San Francisco History Center; in Nuova Zelanda Tony Cairns per la sua banca dati che mi ha aiutato nella ricerca in Svizzera.
Colgo questa occasione per ringraziare tutte queste persone e tutti coloro che vogliano aggiungersi. Grazie a Tutti di Cuore.
Corrado Poletti

domenica 15 aprile 2007

People of Maggia Interwiew - Part 2







In the centuries past the people lived mostly by agriculture and raising of animals. They worked as farmers, but were forced to emigrate anyway because there was no work available. Every patch of soil was worked assiduously, and the farmers pieced together bits of gardens among the great boulders of glacial or flood origins which we find here in Valle Maggia in order to plant something. Hunger was always present and our people lived out their lives even in danger.In letters of Ticinese emigrants who left for California we have found that to be able to leave for the trip (emigration) they asked their parents for funds. We left at about the age of 18 years. Some emigrants, in their letters, have recounted and explained their lives.They said that even in California, the life was hard. The people, parents who remained in Ticino waited with anxiety for letters and funds from America. In particular were the wives remaining at home, having to raise their children and busy themselves caring for animals and doing work in the fields.There are aspects of these letters which are most interesting. Letter no. 390 sent by Felicita Leoni says: "Sad happenings, that is great droughts that are occurring in these our towns are incredible. All are lamenting, all say that if this keeps on, we can do nothing." This phrase indicates that here in Ticino there was no water and this rendered the work even more difficult.However, this letter (no. 730) is written by a gentleman, whose name is not given, sent to brother Pompeo: "In whatever time you wish to come, you need not do any more than let me know, and I shall forward you the money necessary for the trip, and if you need to keep it for some years, I will ask no interest on it." Herein we note how the emigrants aided those that were still in Ticino to prepare them for the departure.The trip to CaliforniaThe emigrants left Valle Maggia for a long and tiring trip. From Valle Maggia, they went to Locarno by stagecoach, took the train for Bellinzona, traveled the Leventine Valley, the tunnel of Gottardo, crossed Switzerland and arrived at Le Havre, France. Once reaching Le Havre, the emigrants embarked toward America. They took about 13 days to make the Atlantic crossing. The thirteenth day they arrived in New York and then by train continued their trip to San Francisco. (California)The trip from Locarno to San Francisco cost about 400 Fr. in third class and lasted two or three weeks. To the emigrants on the steamship were assigned some cots with straw for bedding and small and prickly blankets. All found themselves in the same compartment. This made the trip uncomfortable and tiring.At times the trip was stormy, others more tranquil. When there were storms and gales the trip became perilous and the people were gripped with fear: "The sea from that day was most agitated. I believed that it was truly the end of the world." (Letter no. 853, Beniamino Tomasini)At CaliforniaThe Ticinese emigrants, on arriving at New York, found great differences: They were impressed by the very wide streets, by very tall buildings, by the perfect order. "Everything was colossal, grandiose city blocks, wide streets in straight lines and very long, great and luxurious trains with every imaginable commodity." (letter no. 730)At New York they took the train for California. The Ticinese emigrants, immediately debarking, found at their arrival parents, friends, acquaintances with whom they sought hospitality. They were happy but had problems with banks and language: they had to learn English and find jobs at once. Furthermore, they had to adapt to the climate of the place and obtain clothing adequate for the rain.The life in the "ranches" was most difficult. "When finally the first rains began, the work life became even more heavy, here a weak cow was stuck in mud, another caught in some ditch, another in muck up to her belly and they needed to go with horses to free them from the dangers with ropes and chains." (letter no. 730) Almost all worked in ranches but some remained in cities and worked in restaurants, hotels or stores. In the cities were hotels with names such as: "Hotel Gottardo", "Ticino" and thus they found themselves at once with a sense of home.Life on the RanchThe major part of the Ticinese arriving in California went to work in ranches that were large farms. We have read some letters of Ticinese emigrants, in one is written that in their ranch were more than 90 animals, 29 or 30 cows, a large number of chickens, 2 goats, 2 dogs and some horses. The work in the ranches was most time consuming, having to arise very early:"In the morning we must awake at 4 am and must saddle the horse and go round up the cows, then milk them. Having done that we must go cut wood until it is milking time again." Letter no. 226 Venanzi)They also had to mow hay, cut wood, plow the fields, clean the horses, feed the pigs, and toward evening round up the cows to milk them again. At the end they had to clean the stalls. Not all the Ticinese did these peasant jobs when they emigrated to California: Some worked for travel agencies, others as watchmakers, or worked in stores, some were artisans, bakers, vintners or opened restaurants, trattorie and small hotels.The LettersThe emigrants of California communicated with parents remaining in Ticino by letter. The letters were written with many spelling errors; but in those times many had only the opportunity of attending the elementary schools and some had no schooling at all. Also in these times we spoke mainly in dialect. In the letters which were sent asking about the health of their parents, they related their own health and living conditions, which animals they had, if they earned well, and the natural disasters happening in California."Suddenly I saw a huge flash of light above me, and a thunderbolt landed right on the fork I was holding on my shoulder, smashing it, and even the hat I was wearing was completely burned and I remained safe only by a miracle. I think I was indeed saved by a miracle by Our Madonna of The Graces to whom I pray you to have a painting made by some good artist to put into our church with all the others. I send you $50 to have this painting done, and if perchance more is requested, let me know in your letter." (Letter no. 634, Luigi)They also would write about how much money they would send to Ticino. They also sent cashiers' checks. Some funds also served to pay the debts for the trip: they had to refund parents that which they had borrowed to go to California. In California we earned more, and there was more work available. The nephew, the son or the parent would always send funds to support the family remaining in Ticino or to have some house built.We have noted that the letters of the time sent to emigrants and families are written with many errors of spelling and syntax, there are many words in dialect and some in English. However, they are most interesting letters telling of the life that the emigrants from Valle Maggia led in California.

giovedì 12 aprile 2007

People of Maggia Interwiew


In the centuries past the people lived mostly by agriculture and raising of animals. They worked as farmers, but were forced to emigrate anyway because there was no work available. Every patch of soil was worked assiduously, and the farmers pieced together bits of gardens among the great boulders of glacial or flood origins which we find here in Valle Maggia in order to plant something. Hunger was always present and our people lived out their lives even in danger. In letters of Ticinese emigrants who left for California we have found that to be able to leave for the trip (emigration) they asked their parents for funds. We left at about the age of 18 years. Some emigrants, in their letters, have recounted and explained their lives. They said that even in California, the life was hard. The people, parents who remained in Ticino waited with anxiety for letters and funds from America. In particular were the wives remaining at home, having to raise their children and busy themselves caring for animals and doing work in the fields. There are aspects of these letters which are most interesting. Letter no. 390 sent by Felicita Leoni says: "Sad happenings, that is great droughts that are occurring in these our towns are incredible. All are lamenting, all say that if this keeps on, we can do nothing." This phrase indicates that here in Ticino there was no water and this rendered the work even more difficult. However, this letter (no. 730) is written by a gentleman, whose name is not given, sent to brother Pompeo: "In whatever time you wish to come, you need not do any more than let me know, and I shall forward you the money necessary for the trip, and if you need to keep it for some years, I will ask no interest on it." Herein we note how the emigrants aided those that were still in Ticino to prepare them for the departure. The trip to California The emigrants left Valle Maggia for a long and tiring trip. From Valle Maggia, they went to Locarno by stagecoach, took the train for Bellinzona, traveled the Leventine Valley, the tunnel of Gottardo, crossed Switzerland and arrived at Le Havre, France. Once reaching Le Havre, the emigrants embarked toward America. They took about 13 days to make the Atlantic crossing. The thirteenth day they arrived in New York and then by train continued their trip to San Francisco. (California) The trip from Locarno to San Francisco cost about 400 Fr. in third class and lasted two or three weeks. To the emigrants on the steamship were assigned some cots with straw for bedding and small and prickly blankets. All found themselves in the same compartment. This made the trip uncomfortable and tiring. At times the trip was stormy, others more tranquil. When there were storms and gales the trip became perilous and the people were gripped with fear: "The sea from that day was most agitated. I believed that it was truly the end of the world." (Letter no. 853, Beniamino Tomasini) At California The Ticinese emigrants, on arriving at New York, found great differences: They were impressed by the very wide streets, by very tall buildings, by the perfect order. "Everything was colossal, grandiose city blocks, wide streets in straight lines and very long, great and luxurious trains with every imaginable commodity." (letter no. 730) At New York they took the train for California. The Ticinese emigrants, immediately debarking, found at their arrival parents, friends, acquaintances with whom they sought hospitality. They were happy but had problems with banks and language: they had to learn English and find jobs at once. Furthermore, they had to adapt to the climate of the place and obtain clothing adequate for the rain. The life in the "ranches" was most difficult. "When finally the first rains began, the work life became even more heavy, here a weak cow was stuck in mud, another caught in some ditch, another in muck up to her belly and they needed to go with horses to free them from the dangers with ropes and chains." (letter no. 730) Almost all worked in ranches but some remained in cities and worked in restaurants, hotels or stores. In the cities were hotels with names such as: "Hotel Gottardo", "Ticino" and thus they found themselves at once with a sense of home. Life on the Ranch The major part of the Ticinese arriving in California went to work in ranches that were large farms. We have read some letters of Ticinese emigrants, in one is written that in their ranch were more than 90 animals, 29 or 30 cows, a large number of chickens, 2 goats, 2 dogs and some horses. The work in the ranches was most time consuming, having to arise very early:"In the morning we must awake at 4 am and must saddle the horse and go round up the cows, then milk them. Having done that we must go cut wood until it is milking time again." Letter no. 226 Venanzi) They also had to mow hay, cut wood, plow the fields, clean the horses, feed the pigs, and toward evening round up the cows to milk them again. At the end they had to clean the stalls. Not all the Ticinese did these peasant jobs when they emigrated to California: Some worked for travel agencies, others as watchmakers, or worked in stores, some were artisans, bakers, vintners or opened restaurants, trattorie and small hotels. The Letters The emigrants of California communicated with parents remaining in Ticino by letter. The letters were written with many spelling errors; but in those times many had only the opportunity of attending the elementary schools and some had no schooling at all. Also in these times we spoke mainly in dialect. In the letters which were sent asking about the health of their parents, they related their own health and living conditions, which animals they had, if they earned well, and the natural disasters happening in California. "Suddenly I saw a huge flash of light above me, and a thunderbolt landed right on the fork I was holding on my shoulder, smashing it, and even the hat I was wearing was completely burned and I remained safe only by a miracle. I think I was indeed saved by a miracle by Our Madonna of The Graces to whom I pray you to have a painting made by some good artist to put into our church with all the others. I send you $50 to have this painting done, and if perchance more is requested, let me know in your letter." (Letter no. 634, Luigi) They also would write about how much money they would send to Ticino. They also sent cashiers' checks. Some funds also served to pay the debts for the trip: they had to refund parents that which they had borrowed to go to California. In California we earned more, and there was more work available. The nephew, the son or the parent would always send funds to support the family remaining in Ticino or to have some house built. We have noted that the letters of the time sent to emigrants and families are written with many errors of spelling and syntax, there are many words in dialect and some in English. However, they are most interesting letters telling of the life that the emigrants from Valle Maggia led in California.

martedì 10 aprile 2007

Un libro sulla storia di una famiglia emigrata in California

Circa nel 1920, tanti italiani sono emigrati sulla costa di Santa Cruz in California.
Louis Poletti era uno di questi emigranti.
Nel libro quì di seguito presentato, l'autore descrive questa specifica zona americana.
titolo del libro:
LA NOSTRA COSTA # 34082
Il Viaggio d'una Famiglia Andata e Ritorno dalla Costa del Nord di Santa Cruz, California Autore: Ivano Franco COMELLI Editore: AUTHORHOUSE PRESS RELEASE - MARCH 2006 La storia dell’ autore comincia à Nimis, un piccolo villaggio agricoturale nella zona nord est d'italia chiamata Friuli. L'anno era il 1923. Benito Mussolini e suoi fascisti in camicia nera avevano preso il potere. Il padre dell’ autore, Gervasio Comelli, doveva decidersi. Di aggiungersi di nuovo nell’ esercito o venire in America. Ha scelto il secondo proposito. Conoscendo altri emigranti che avevano scelto la severa costa del nord della contea di Santa Cruz per costruire loro case, Gervasio si decise di fare la stessa cosa. Situato pochi chilometri a sud di San Francisco, Gervasio trovò lavoro facendo l'agricoltore. Questi posti, chiamati ranches in inglese, gli italiani li chiamarono ranci. I lavoranti dunque erano ranceri. Questo posto fu nominato "La Costa". Siccome Gervasio sapeva poco di questo mestiere, gli altri ranceri gli diedero il nomigliolo di Bronco (cavallo selvatico). Bronco fece presto ad’abituarsi al suo nuovo lavoro. Bronco lavorò nei ranch dal 1924 fino al 1931. Poi tornò à Nimis per cercare moglie. Quindi trovò Valentina Bressani, una bella e vivace fanciulla 17 enne. Facendole la testa piena di storie meravigliose del'america e come era facile guadagnare soldi là, l'innamorato Bronco convinse Valentina di sposarlo. Poi tornò “sulla costa”, con la promess, per la sua giovane sposa, che non appena Le avrebbe procurato i documenti necessari, l’avrebbe fatta venire anche lei in America. Valentina arrivò “sulla costa” nel 1933. Ben presto scoprì che le storie di Bronco sui soldi facili non erano più attuali. L’America era sul fondo della depressione economica e quindi non ha trovato altro che lavoro faticoso e i venti infernali della severa costa del nord. Usando eventi storici, mescolando cognomi locali con figure storiche, alcune famose, altre poco conosciute, come Franklin Roosevelt, Harry Truman, Herbert Hoover, Joe DiMaggio, Benito Mussolini, Adolf Hitler, ed Alfonso “Al” Capone, l'autore fa rivivere l'avventurosa storia degli emigranti italiani che vivevano e lavoravano “su per la costa”. Tra suoi occhi di giovane, ci dice come trascorreva la vita per la sua famiglia; dichiarati d'essere stranieri nemici durante la seconda guerra mondiale. Allo stesso tempo, ci riporta di nuovo à Nimis in Italia, e ci racconta come erano le condizioni di vita dei loro parenti che vivevano sotto la dura pressione dell’occupazione da parte delle forze naziste. Ci racconta la storia della sorellina di Valentina che è sopravissuta alla guerra, poi trovandosi tacciata, dai partigiani, di essere una collaboratrice dei fascisti. Di come sua madre ebbe la saggezza di farla venira in America. L'autore, usando dettagli e numerose foto, dipinge la vita per la gente della costa, come vivevano, come parlavano, cantavano, brontolavano, e bestemmiavano. Nel suo proprio stile "saporito", ci dice anche come sua madre faceva la cuoca per i ranceri. Nel mondo dell'autore,davanti alla televisione ed ai video-giochi, descrive come egli e i suoi amici di gioventù si divertivano giocando nella "grande piazza di ghiaia" e sulla loro spiaggia privata. Con un po' di “humor”, ci dice come egli e suoi giovani amici, praticando una loro forma di “voyerismo” grossolano, hanno scoperto di nascosto come gli umani si riproducono. Dunque, essendo cosi istruiti, l'autore spiega come i ragazzi della squadra della "piazza di ghiaia" si si accingevano alla ricerca delle dolci fanciulle Nel 1959, l'autore partendo dalla costa, entrò nel corpo della polizia di San Jose. Qui molto freddamente descrive come la sua vita venne cambiata per sempre da certi atti di violenza, per esempio, l'assassinio del suo migliore amico. Usando eventi di attualità, l'autore ci dà una panoramica del mondo un po’ nebbioso della polizia di quegli anni e sottolinea le sue regole personali che ha seguito per sopravvivere in quel periodo. A quei lettori ai quali piace la storia espressa in forma narrativa e contestualizzata nella vita quotidiana delle persone, il libro “La Nostra Costa” è ottimo. Questa storia, prima d'ora mai scritta, potrà intrattenere il lettore sfogliando pagine, cercando il risultato del viaggio di questa famiglia verso la costa e di ritorno. Publicato da Authorhouse publishers, all’indirizzo: http://www.authorhouse.com/. Per favore di fare connessione con nostra libreria ed inserire il nome del'autore: Ivano Franco Comelli; oppure il titolo del libro "La Nostra Costa". Si puo ordinare per telefono 001.888.280.7715. Si puo anche visitare La Nostra Costa Blog: http://www.nostra-costa.blogspot.com/

lunedì 9 aprile 2007

Condino, il luogo dove la storia ebbe inizio


Il Comune di Condino è situato in Valle del Chiese, nel Trentino sud - occidentale. L'abitato si sviluppa lungo lo stretto fondovalle, seguendo il corso del fiume principale, il Chiese, ad un altitudine di 444 metri sul livello del mare; rappresenta uno dei centri più popolosi (circa 1.500 abitanti) ed economicamente dinamici delle Giudicarie, che posizionate a ridosso della Regione Lombardia, costituirono storicamente uno dei valichi strategici di accesso al mondo alpino. Il paese è delimitato da possenti catene montuose, sulle quali gli abitanti locali costruirono baite, fienili e malghe, funzionali ad un sistema che in passato si basava principalmente sulle risorse silvo-pastorali. Ad est troviamo il Monte Rango; ad ovest sono situate le località Coldom, Gabbione, Prà Serol e le principali malghe, tra cui citiamo Romantera, Bondolo e Valle Aperta. Sullo stesso versante svetta la cima più imponente: il Monte Bruffione (2.664 metri), mèta di affascinanti escursioni che in specifici periodi dell'anno offrono anche la suggestiva opportunità di assistere alla fioritura di specie floreali pregiate, come il rododendro e l'arnica. La conoscenza del territorio è garantita anche dalla possibilità di percorrere numerosi itinerari ciclo-pedonali e sentieri che si sviluppano sia sul fondovalle che in quota. La vegetazione è tipicamente prealpina con una massiccia presenza di castagni, carpini, faggi e conifere; tra le varietà faunistiche ricordiamo il cinghiale, il capriolo, il cervo, il camoscio, la marmotta, la volpe, la lepre e lo scoiattolo, oltre a svariate tipologie di uccelli (tra le quali domina l'aquila) e pesci (come la trota fario e mormorata) che offrono la possibilità di pesca sportiva. Il paese è urbanisticamente disposto in modo razionale ed era anticamente formato da nove contrade: da nord a sud, Sassolo, Preda, Pagne, Fucina, Acquaiolo, Villa, Cron, Gàrzole e Cantagallo, che tuttora costituiscono il centro storico di un abitato che ha progressivamente esteso il proprio perimetro, soprattutto dopo la realizzazione di via Roma, attuale arteria principale. All’interno del centro urbano sono presenti elementi di particolare pregio architettonico e storico - culturale: in particolare la Pieve di Santa Maria Assunta, che rappresenta un monumento di assoluto pregio artistico e monumentale e che ha recentemente recuperato la pienezza del suo antico splendore, grazie ad un prolungato lavoro di restauro; la Piazza di San Rocco, dove si innalza l'omonima Chiesa ed il Palazzo municipale (con la sua magnifica "sala consigliare" affrescata), collegato alla torre civica; il Palazzo Belli; il Convento di San Gregorio; la Chiesetta di San Lorenzo, che è posizionata "a mezza montagna" sul versante est ed è raggiungibile con un'escursione di circa mezzora; le suggestive vie Sassolo e La Marmora; meritevole di menzione anche la zona rurale di Mon, situata a sud del nucleo urbano. L'economia locale si basa principalmente sull’industria e sull'artigianato, dove il settore della lavorazione del legno ha rappresentato storicamente una delle risorse primarie e dove oggi ritroviamo aziende all'avanguardia; pure il settore ricettivo e quello dei servizi occupano un cospicuo numero di persone, evidenziando anche la potenziale ambizione turistica del Comune di Condino. L'agricoltura, pur avendo perso la propria prerogativa di settore trainante dell'economia, vanta la presenza di aziende che producono prodotti di nicchia, come l'uva, i formaggi, il granoturco e il miele.